Drag Queen

Drag queen

 

Spettacolo Drag Queen!!!  ma di cosa si tratta ?

Uno dei locali più rinomati a Milano per gli spettacoli di drag queen è “Lo Stacco Milano”. Questo locale offre un’atmosfera vivace e divertente, con spettacoli di drag queen che mescolano abilità artistiche, comicità e glamour.

Le drag queen sono artisti che interpretano personaggi femminili in modo esagerato e spettacolare. Indossano abiti stravaganti, trucco elaborato e spesso utilizzano parrucche per creare personaggi esagerati e affascinanti. Le drag queen possono esibirsi in diverse discipline artistiche, come il canto, la danza, la recitazione e la comicità.

Le origini delle drag queen risalgono a molto tempo fa. Le prime tracce di uomini che si vestivano da donne per scopi teatrali o di intrattenimento risalgono all’antica Grecia e Roma. Tuttavia, le drag queen come le conosciamo oggi hanno radici nella cultura queer e nell’intrattenimento di spettacoli di travestimento dei cabaret del XIX secolo.

Negli Stati Uniti, il movimento dei diritti LGBTQ+ e l’espansione della cultura drag hanno contribuito a rendere le drag queen più visibili e popolari. Negli ultimi decenni, le drag queen sono diventate icone dell’arte e dell’intrattenimento, con artisti famosi come RuPaul che hanno portato il mondo delle drag queen alla ribalta internazionale grazie al programma televisivo “RuPaul’s Drag Race”.

Le drag queen si esibiscono in locali notturni, teatri, club e altri luoghi di intrattenimento. Le loro performance sono un mix di spettacolo, espressione artistica e celebrazione della diversità e dell’identità di genere.

Drag queen è un termine inglese per definire artisti (detti Drag singer) che si esibiscono in canti, imitazioni, cabaret e balli, indossando trucco e abiti femminili.

Alcune delle nostre Drag in TV con Golia delle Iene

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Drag queen: significato e origine del nome

Il significato e origine del nome dello spettacolo Drag Queen, Spesso le drag queen sono state identificate, a torto, solo e soltanto come uomini omosessuali che amano vestirsi da donna, ma non hanno mai pensato a un cambio di sesso. Niente di più sbagliato, perché nel mondo e nella storia delle drag queen c’è molto di più.

Partiamo dall’origine del nome tornando a prima del 1683, quando Carlo II (soprannominato “the merry monarch”, l’allegro monarca) concesse alle donne di recitare a teatro; fino a quel momento, infatti, le parti femminili dovevano essere interpretate proprio dagli uomini, di cui nessuno osava però mettere in dubbio la virilità, naturalmente.

Da qui, e dal loro dover indossare abiti, lunghe sottane e sottogonne, potrebbe risalire il nome, dal verbo “to drag”, ossia trascinare (quelle vesti dovevano essere trascinate, appunto, sul palco”, o dalla formula “to put on their drags”, ovvero “indossare i propri strascichi”, che inizia a diffondersi nel gergo teatrale tra il XVII e il XVIII secolo.

Altra versione

Secondo un’altra versione, invece, drag sarebbe l’acronimo di “Dressed resembling a girl”, cioè “vestirsi per somigliare a una donna”, un ruolo che era accettato solo per motivi di spettacolo, visto che fino ai primi del ‘900 omosessualità e travestitismo erano fuori legge.

Fu nell’America degli anni ’20 e ’30 che nacque il vaudeville, che rese le drag queen non più comprimarie, ma prime donne a tutti gli effetti, e durante il Proibizionismo gli speakeasy, i locali dove di nascosto si servivano alcolici, diventarono una sorta di porto sicuro.

Dopo la seconda guerra mondiale le regole contro il travestitismo, l’omosessualità e le drag queen si fecero però ancor più aspre, per via della la three pieces rule, la “regola dei tre capi”, per cui si evitava l’arresto per travestitismo dimostrando di indossare almeno tre capi di abbigliamento che fossero conformi al genere di appartenenza.

Le retate frequenti della polizia sbattevano in prima pagina i nomi delle drag queen arrestate senza pudore, con gravi conseguenze per la loro vita privata; fu quello che successe, ad esempio, a José Sarria, che a causa di una denuncia per adescamento dovette rinunciare al sogno di diventare insegnante; l’episodio fu però il motore che lo spinse a dire “United we stand, divided they’ll catch us one by one”, ossia “uniti resistiamo, divisi ci prenderanno uno a uno”, e a candidarsi, nel 1961, al consiglio cittadino, prima persona omosessuale a farlo.

A partire dagli anni ’60 le drag queen hanno intrecciato inevitabilmente la propria strada con quella della comunità LGBT, anche se qualcuno, all’interno di quest’ultima, le definisce “eccessive”. Tanto da averne vietato la parata al Pride di Glasgow, per paura di offendere i transgender.

Tutta colpa di una confusione terminologica che continua a persistere, anche all’interno del movimento stesso.

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Drag queen e travestito: le differenze

Posto che oggi il termine travestito non sia più molto in voga, fra le drag queen e i cross-dresser esiste comunque un’enorme differenza: quella delle drag queen è infatti un’arte, non appannaggio esclusivamente degli uomini omosessuali, né degli uomini (ne parleremo fra poco).

Se prima del ‘900 erano una necessità per sopperire ai divieti in essere per le donne di partecipare a spettacoli teatrali, oggi riflettono soprattutto pregi e difetti umani, e sono lo specchio di una società in continuo mutamento, in cui però certi pregiudizi faticano a sparire. Che le drag siano diventate un vero e proprio fenomeno di cultura lo dimostra anche la presenza di show come RuPaul’s Drag Race, un vero e proprio talent sulla scia di America’s Next Top Model in versione drag, condotto dalla più rappresentativa di loro, RuPaul, giunto ormai alla dodicesima stagione.

Quella di RuPaul, vera icona delle drag queen, è una figura di importanza fondamentale perché ha fatto comprendere che, più di tutto, il ruolo di una drag è quello di sovvertire i tradizionali dogmi, anche di genere, imposti dal patriarcato; RuPaul in molti suoi testi parla di accettazione del sé, sia in chiave femminile che come gay/drag.

Potete chiamarmi lui, potete chiamarmi lei, non mi importa. Basta che mi chiamiate!

Con il termine crossdresser, invece, descriviamo una persona che indossa abiti solitamente associati al sesso “opposto”, come forma di espressione di genere. In maniera molto soft, è un discorso applicabile alle lesbiche butch, ad esempio, che sono spesso oggetto di discriminazione anche all’interno delle sezioni femministe della comunità LGBT perché troppo desiderose di ispirarsi agli uomini, dal punto di vista estetico.

Non esistono però solo le drag queen, perché, come anticipato, non solo gli uomini possono esserlo. Esiste anche il fenomeno dei drag king.

I drag king

Proprio come per quanto riguarda le drag queen, anche fra i drag king ci sono donne etero, omosessuali o trans. Il fenomeno dei drag king nasce, quasi di pari passo a quello delle drag queen, sul finire dell’800, e la più famosa donna king fu senza dubbio Vesta Tilley, considerata una vera e propria antesignana del genere.

Anche in questo caso, parliamo di una forma d’arte, che richiede una preparazione e un’attenzione alla cura dei dettagli specifici, e non è certo considerabile come un “costume di Carnevale”.

Per riuscire nell’”impresa”, ad esempio, i drag king ricorrono al bending, ovvero le fasciature per appiattire il seno, al contouring per rimarcare alcuni tratti del viso, o al packing, che conferisce appunto il “pacco”.

Un esempio contemporaneo di drag king (seppur per breve tempo) è Jo Calderone, l’ater ego maschile di Lady Gaga, comparso nel video della stessa artista You and I, e nientemeno che su Vogue Giappone.

Drag queen: il rituale di preparazione, dal trucco all’abito

Quello per la preparazione di una drag queen è un vero e proprio rituale che segue passaggi precisi e mostra attenzione per ogni dettaglio, dal trucco all’abito, fino alla parrucca.

Make up

Cominciamo proprio con il trucco: generalmente i colori usati sono sgargianti, saturi e brillanti.

Prima di tutto occorre “cancellare” le sopracciglia, ovvero coprirle con del mastice o con la cosiddetta “carne liquida”, un trucco usato a teatro che crea una patina uniforma e spessa, che copre ogni pelo.

La base viene fatta con un fondotinta ad altissima coprenza, che quasi “elimini” i lineamenti originali, da riscolpire grazie a un contouring davvero forte; per quanto riguarda il trucco occhi via libera a smokey eye, glitter, ciglia finte e sopracciglia ridisegnate a formare espressioni teatrali e divertenti.

L’abito

Anche qui la parola d’ordine è solo una: colore. Gli abiti  sono quasi di scena,  perciò devono essere teatrali, ostentatamente sfarzosi, in modo da attirare l’attenzione del pubblico durante la performance.

Inoltre, spesso le drag queen fanno spettacoli a tema, impersonando personaggi storici o famosi, e usano piume, boa di struzzo, merletti, pizzi o abiti dalle tonalità fluo.

La parrucca

Le drag queen possono giocare con i loro capelli, nascondendo quelli veri sotto una pratica calotta per poi sbizzarrirsi con colori e tagli: possono spaziare dai lunghi boccoli biondo platino ai tagli corti sullo stile della Valentina di Crepax, ma anche divertirsi con tonalità più strong, come i viola, i rosa, i blu. L’obiettivo è sempre e solo stupire.

Drag queen, la libertà di essere chi vogliamo

È sicuramente l’obiettivo principale: restituire al pubblico una forma d’arte, ma anche di politica, che ci liberi dalle sovrastrutture patriarcali che ci forzano in ruoli di genere e pretendono da noi determinati comportamenti rispetto al nostro sesso biologico.